Tradizioni e burocrazia: cose da sapere per un matrimonio legalmente valido
Martedì 5 marzo 2019
Per il primo post di marzo, prendo spunto da una conversazione avvenuta con una mia coppia di sposi. Si sposeranno quest'estate qui sul lago di Garda e, pur abitando in Lombardia da anni, la loro residenza legale è rimasta in una regione nel sud Italia.
Questo significa che tutta la parte documentale dovrà essere svolta nel loro Comune di residenza. Il parroco dovrà fare richiesta di pubblicazione al Comune e dare così il via a tutto l'iter burocratico. Nel mio mini-corso gratuito “Mi sposo! E adesso?”, la prima lezione è proprio dedicata a questa parte dell'organizzazione.
Dopo aver spiegato più volte il da farsi, la mia sposa ad un certo punto mi ha chiesto “Ma se faccio i documenti giù, posso fare qui il rito civile?”. Questa domanda è un chiaro esempio di come abitudini e tradizioni si tramandino negli anni senza tener conto dei cambiamenti storico-sociali che, spesso, nemmeno vengono percepiti, tanto una determinata consuetudine è radicata nel tessuto popolare.
Ho dovuto rispondere alla mia sposa che, sposandosi lei in chiesa, non dovrà celebrare proprio nessun rito civile! In Italia vige il matrimonio concordatario, significa che grazie un accordo tra Stato e Chiesa, la cerimonia religiosa è valida a tutti gli effetti di legge.
E' per questo motivo che il sacerdote al momento delle firme legge alcuni articoli del codice civile (gli stessi letti durante il rito laico) e che il registro firmato in chiesa è lo stesso che sarà consegnato negli uffici comunali per la registrazione del matrimonio.
Quando il parroco emette la richiesta di pubblicazioni, gli sposi devono recarsi nel proprio Comune per consegnarla e firmare un documento, denominato “Promessa di matrimonio”. In questo momento l'incaricato del Comune legge il testo, in cui i nubendi dichiarano di voler liberamente contrarre matrimonio. E' una dichiarazione libera e non vincolante, da cui non scaturisce l'obbligo di alcuna celebrazione. Si firma questo documento e poi si aspetta il giorno della celebrazione in chiesa per diventare marito e moglie.
Questo avviene dal 1985, prima di allora non c'era alcun accordo tra Chiesa e Stato, per questo motivo si dovevano celebrare due riti: in Comune e, in seguito, in Chiesa. Tra i due riti, potevano trascorrere anche molti mesi e venivano considerati due momenti da condividere con famiglie e testimoni. Per questo motivo in alcune zone di Italia è rimasta l'abitudine di festeggiare anche il momento della “Promessa di matrimonio” come delle vere e proprie nozze, nonostante la realtà dei fatti sia un'altra.
E' bello conoscere le usanze delle varie regioni di Italia ed è importante tramandare le tradizioni, ma è anche importante conoscere l'evolversi delle norme, per non trovarsi spiazzati proprio nel momento più bello.
Non è la prima volta che mi capita che una coppia non sappia esattamente come muoversi a livello burocratico (ma non è un problema, le mie coppie hanno la loro wedding planner che pensa a tutto!), quindi credo che là fuori ci possa essere qualcun altro con le idee confuse, spero che questo post sia una fonte di informazione chiara ed utile!
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Sono Valeria Ferrari, wedding planner, e sono qui per organizzare il vostro grande giorno. Leggi di più...
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